BACHECA SINDACALE
anno scolastico 2019-2020
---------- Messaggio inoltrato ----------
Da: Unicobas Livorno <info@unicobaslivorno.it> Data: 05.03.2020 ore 9.11 Oggetto: INFO PERSONALE DOC ED ATA SU DECRETO EMERGENZA CORONA VIRUS
UNICOBAS:INFORMATIVA.AL.PERSONALE.DOCENTE.ED.ATA.SU.DECRETO.EMERGENZA.CORONA.VIRUS
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DOCUMENTO ALLEGATO
Unicobas Scuola&Università
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UNO SCANDALO SANITARIO LA
PRESENZA A SCUOLA DEGLI ATA E L'APERTURA DEI CONVITTI.
DISINFESTAZIONE
“OBBLIGATORIA” PER GLI ATA, DIDATTICA A DISTANZA ED APERTURA DEI CONVITTI (CON
ILLEGITTIME IMPOSIZIONI DI SERVIZIO): LA POSIZIONE UFFICIALE DELL’UNICOBAS.
NESSUNA OBBLIGATORIETÀ
INFORMATIVA SUL DECRETO DI SOSPENSIONE DELLE ATTIVITA'
DIDATTICHE
Con la collaborazione delle OOSS pronta-firma, il Governo
ed il Ministro Azzolina hanno deciso di mettere a repentaglio la salute del personale
ata, obbligandolo al servizio quando vengono chiusi persino i cinema e le
partite di calcio si svolgono a porte chiuse. Parimenti hanno deciso di
mantenere aperti gli istituti con maggiore promiscuità: Convitti ed Educandati,
strutture residenziali. A questo punto, qualsiasi ata o educatore che dovesse
venire contagiato a seguito di tali scelte sconsiderate avrà diritto ad
intentare causa allo stato per danno biologico.
Senza che nessun sindacato “maggiormente rappresentativo”
(assai) protestasse, al personale Ata delle regioni coinvolte in maniera
massiva dall’epidemia del Corona virus è stato ordinato di restare in servizio
nelle scuole chiuse e di “sanificare” gli ambienti (peraltro senza strumenti,
mascherine etc.). Questo è un compito che spetta alla Sanità pubblica ed agli
Enti Locali, e ciò, sia detto per inciso, vale sia per il bene generale
(tramite strumenti e prassi adeguate), sia per il rispetto che va portato al
personale non docente. Simili ordini di servizio sono da considerarsi illegittimi.
Senza che nessun sindacato “maggiormente rappresentativo”
(assai) protestasse, Convitti ed Educandati sono rimasti aperti sin dall’inizio
dell’epidemia, sia in Veneto che in Lombardia, ed agli educatori sono stati
imposte mansioni sanitarie (come la rilevazione delle condizioni di salute dei
convittori) e di portineria-guardiania che non competono loro. Simili ordini di
servizio sono da considerarsi illegittimi.
Infine assistiamo ad una campagna senza precedenti volta a
far passare l’obbligatorietà della presenza a scuola e della didattica a
distanza per gli insegnanti. Ribadiamo come gli obblighi contrattuali relativi
alla funzione docente non contemplino l’obbligo di presenza a scuola quando gli
studenti sono assenti (tranne le riunioni programmate dai Collegi dei Docenti),
né la didattica a distanza. Ciò che non è obbligo di servizio si qualifica come
lavoro aggiuntivo, sia per gli insegnanti che per gli ata, ivi compresa
l’eventuale retribuzione aggiuntiva che, se richiesto, va liquidata. Senza
considerare il sequel di obiezioni pedagogiche che una siffatta impostazione
(falsamente “modernista”) comporta:
1) Solo
chi non conosce nulla di metodologia e didattica può parificare la presenza a
distanza con l’efficacia dell’insegnamento diretto e della comunità educante,
né si può negare che l’apprendimento è fenomeno collettivo garantito
soprattutto dall’interazione diretta e dal gruppo-classe. Ciò vale anche e
soprattutto per la didattica laboratoriale, della quale la Scuola Elementare
italiana era maestra prima delle controriforme degli ultimi 30 anni. Nondimeno,
parlare di didattica a distanza per le Scuole dell’Infanzia e Primarie è
quantomeno ridicolo. Chi dirige il Ministero, come quanti si vantano del titolo
di “docente”, dovrebbero studiarsi almeno la storia del Movimento di
Cooperazione Educativa dei tempi di Mario Lodi. Oltretutto i seguaci dei
miracolistici effetti dell’insegnamento a distanza sono spesso gli stessi che
criticano da anni la lezione frontale, senza neppure comprendere la
contraddizione patente: l’insegnamento a distanza è spesso mimesi e mimica
della lezione frontale, né i supporti informatici interattivi possono ovviare a
questo somigliando, più che alla necessaria creatività didattica, ai famosi e
tanto contestati “compiti a casa” (che molte scuole oggi vorrebbero imporre,
nella vacatio dell’interazione scolastica, tramite il famoso registro
elettronico). I principali fautori dell’insegnamento a distanza (Treellle e
Confindustria) sono gli stessi che vorrebbero assoggettare la Scuola pubblica
ai loro appetiti privatistici, alle loro private agenzie “educative”, alla
dottrina della chiamata diretta, alla cattiva sQuola renziana: istituti dei
quali l’insipienza populista dei 5 Stelle predicava l’abrogazione in campagna
elettorale ma che oggi invece fiancheggia. L’esempio più calzante di educazione
a distanza è rappresentato dalla scuola australiana, che contempla l’utilizzo
di un comune apparecchio televisivo o di computers, per il cui tramite
raggiungere gli alunni dei centri sparsi sul territorio, con pochi insegnanti
per migliaia di fruitori passivi. Sinceramente non ci pare “il massimo”, mentre
è del tutto evidente che simili prassi sono tipiche del liberismo più vieto (lo
stesso che ha ridotto i servizi ferroviari in Italia, ha chiuso i presidi
sanitari ed ha cercato di eliminare negli anni scorsi persino le scuole di
montagna) e rappresentano precedenti assai preoccupanti.
2) Il
mito della digitalizzazione deregolamentata ed approssimativa ha già distrutto,
fra le altre, la “scuola” finlandese, decaduta persino nelle classifiche Ue a
quiz dal 2015. Molto di recente, contestando la trasmissione “Presa Diretta”,
abbiamo ricordato come diverse recenti analisi sviluppate da matematici e
studiosi di problemi dell’insegnamento finlandesi (fra i quali ricordiamo
articoli pubblicati da G. Malaty, E. Pehkonen, O. Martio e altri) mettono in
luce, come intitola un appello firmato nel 2006 da Kari Astala, professore
all’Università di Helsinki, e da più di altri duecento professori, quanto le
classifiche Pisa dicano soltanto una verità parziale circa le abilità
matematiche dei bambini finlandesi, mentre, di fatto, proprio dalla Finlandia
ci dicono (testualmente) che “le conoscenze matematiche dei nuovi studenti
hanno subito un declino drammatico".
Va ribadito con forza che i problemi della scuola italiana,
che vede ancora l’80% degli istituti non a norma su igiene e sicurezza, non si
potranno mai risolvere proseguendo ed esacerbando la logica emergenziale.
Ribadito quanto detto sinora, a proposito di emergenza,
possiamo comprendere che singoli o più insegnanti, avendo a cuore il futuro dei
propri studenti, facciano la legittima scelta VOLONTARIA di recarsi a scuola ed
interagire con alunni e famiglie. Anche nel nostro sindacato la Federazione di
Lodi apprezza questo impegno. Non è certo una contraddizione insanabile, in un
sindacato di base e libertario.
Ma altrettanto legittima è la posizione nazionale
dell’Unicobas, col ribadire che tali onorevoli scelte (anche per avere il valore
che meritano), devono essere volute e ricercate dai singoli, mentre mai possono
venire imposte o venire interpretate come un avvallo ad imposizioni d’autorità,
che sarebbero assolutamente illegittime, da parte del Ministero o di singoli
dirigenti scolastici.
Infine, ci sia consentito di ricordare che non si può certo
imputare all’Unicobas il pericoloso precedente contrattuale (peraltro comunque
ininfluente sulla questione dell’insegnamento a distanza,) controfirmato da
Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, relativamente alla cosiddetta “reperibilità
telematica” che già di per sé apre un varco rispetto all’orario ed alle
mansioni.
Stefano d'Errico
(Segretario Nazionale Unicobas Scuola & Università)
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